Chiesa dei SS.mi Elena e Costantino

Album Fotografico


Ubicazione via
Festività
ed eventi
Santo Bambino di Praga (ultima domenica di gennaio)
San Pietro ( 29 giugno )
Maria SS.ma del Monte Carmelo ( 16 luglio )
Ottavario dei defunti (dal 2 al 9 novembre)
Processione "Cristo Morto" del Venerdì Santo
Attività Celebrazione della S. Messa ogni domenica alle 08:00
Sede Arciconfraternita Santa Maria del Suffragio. Gov. Sig. Friscella
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Cenni storici
Salvatore Pappalardo, Chiese e Quartieri di Acicatena

Il quartiere dei Morti, ad Acicatena, è una piccola comunità dentro una più grande comunità, paese dentro un altro paese. La sua denominazione, che strana, in quanto i suoi abitanti sono tuttora vivi, è dovuta alla sua chiesa, dove un tempo venivano seppelliti i defunti della località e che è dedicata al culto dei morti.
Veramente il suo nome era quello di S. Elena e Costantino, ma poi, nel 1572, il gesuita padre Fabio Carpinato, che vi predicava il quaresimale, incoraggiato dal consenso entusiastico dei fedeli, propose e ottenne che in questa chiesa venisse fondata la confraternita del Suffragio, che egli volle associata alla confraternita della preghiera e della morte nella Basilica di S. Maria sopra Minerva a Roma.
Chiesa Santi Elena e Costantino
Facciata Chiesa Santi Elena e Costantino
Foto: G. Trovato
Chiesa dei Morti era e chiesa dei Morti rimase nella denominazione popolare, ma, in seguito alla Suddetta Istituzione, anche il suo nome ufficialmente mutò da S.Elena e Costantino in quello S. Maria del Suffragio.
Il quartiere è il primo e remoto nucleo di Acicatena centro, che anticamente si chiamava Scarpi. Probabilmente un nome-soprannome, collegato all’esistenza di un fiorente artigianato locale calzaturiero, perdurato quasi fino ai nostri giorni che riuscì a dare consistenza economica e decoro Civico al Piccolo agglomerato urbano. Quel nome venne poi soppiantato dall’altro più prestigioso di Catena – dovuto alla sempre crescenteinterno chiesa devozione verso la Madonna -, per cui Aci Scarpi divenne Acicatena.
A sua volta, in subordine, il quartiere dei Morti accoglie nel suo seno, un altro rione: quello di Rua, che potrebbe significare strada nell’abitato oppure Ruta, cioè pianta medicinale. Rua è un luogo pianeggiante, già circondato dal “lavatorio”, dal «macello» e da agrumeti, oggi scomparsi. Il tutto fa capo alla chiesa dei morti. Essa è collocata in posizione obliqua, guarda di spalle una parte dell’abitato, offre il suo fianco alla piazzetta dei Morti, mentre la sua facciata è quasi completamente chiusa e sequestrata dalle case, che a loro volta la guardano di spalle.
All’esterno non ha alcuna pretesa stilistica ed è costituita da disadorni muri perimetrali, mentre nell’interno la sua architettura, sebbene fatiscente , è aggraziata ed elegante, ricca di marmi e di tele. Un tempo fu chiesa parrocchiale: dal 1586 al 1597. Una piccola chiesa parrocchiale inadeguata alle esigenze della popolazioni, se appena un decennio durò la sua parrocchia, trasferita il 15 gennaio 1597 dal vescovo di Catania Giovanni Domenico Rebiba nell’attuale Matrice di Santa Maria della Catena. Sebbene abbia perduto il titolo parrocchiale, la chiesa ha continuato a mantenere la sua funzione preminente dì capo e di guida di un quartiere.
Il quartiere meno "sviluppato", oltre che più antico della cittadina. Per andare ai Morti, venendo da Acireale, bisogna salire percorrendo via Tropea e via Ospedale. Invece, provenendo dalla stessa Acicatena, bisogna scendere, percorrendo la via S. Elena e Costantino o via IV Novembre oppure, immettendosi attraverso l'«Arco del principe», la stessa via Ospedale, tutte strade in discesa rispetto al centro. Il quartiere sta in basso e in basso sta la chiesa, nel fondo della cosiddetta vallata dell'Aci. Di modesta altezza è la sua piccola mole e così pure le abitazioni che le si affiancano. Non sorgono palazzi, né grandi caseggiati; soltanto case a pianterreno o ad un piano.
Chiesa e case, tutte d'un colore, quasi non si superano. (Simulacro di S.Pietro, venerato nella Chiesa S.Elena e Costantino) Conservano uniformità di strutture e di linee, un livellamento armonioso e democratico, pacifico e silenzioso. Portoncini, portali in pietra nera, piccole colonne agli ingressi , balconcini in pietra lavica e più spesso in pietra di Siracusa.
Tutti immersi in una decorosa vecchiaia, fanno pensare ad un agiato centro urbano d'altri tempi, probabilmente del sei-settecento, dall'economia artigianale e in parte rurale. Una minuscola città, un antico centro in minia­tura, rimasto in gran parte intatto, non perché amato e protetto dagli uomini, ma per indifferenza, per incuria o per disprezzo degli uomini, che finora non vi hanno riconosciuto possibilità di sfruttamento economico. E i suoi abitanti, calati in una cultura materiale, a contatto con le strutture del passato, vivono piuttosto aggrappati alle antiche tradizioni, ancora contenti di un mondo, dove le gioie e i dolori, i lutti e le feste hanno una risonanza estrema.

(continua)