Chiesa di Santa Barbara

Album Fotografico


Ubicazione via
Festività
ed eventi
Santa Barbara (4 dicembre)
Santa Rita ( 22 maggio )
Sante Quarantore (giovedì, venerdì e sabato precedenti alle Sacre Ceneri)
Attività/td> Celebrazione della S. Messa ogni domenica alle 08:30
Sede Arciconfraternita Santissimo Crocifisso, Gov. Sig. Carmelo Foti
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Cenni storici
Salvatore Pappalardo, Chiese e Quartieri di Acicatena


Non si sa bene chi e perché, anticamente, avesse voluto dedicare questa logora chiesetta, oggi restaurata, ad una santa, alla quale nel territorio non veniva data una grande importanza. Situata quasi al termine di una dolce ma lunga discesa, a pochi metri dalla piazza principale, carica di anni e di vecchiaia, manteneva bene il suo ruolo di chiesa filiale, il quale era anche quello di ricordare alla gente che, tra i santi del cielo, c'era pure Santa Barbara vergine e martire.
Risaliva alla seconda metà del settecento e, sebbene costruita a calce e a pietrisco, rafforzata con catene, resisteva ancora agli assalti del tempo e all'inclemenza delle stagioni, alle scosse telluriche, forse anche per le sue minuscole proporzioni e per i suoi spessi muri. Armoniosa nelle linee, tutta bianca all'interno e rossa all'esterno, con la sua piccola sacrestia e il vetusto campaniletto, nella sua remota giovinezza aveva avuto pretese di eleganza e distinzione e forse era anche piaciuta.
Chiesa di Santa Barbara
Facciata della Chiesa di Santa Barbara
Foto: G. Trovato
Ma ora, rimasta al di sotto del fondo stradale, circostante e quasi sempre chiusa, immersa nella propria decrepitezza, si lasciava sopraffare dall'umidità e dalla muffa, che avevano già preso possesso della sacrestia, dell'altare e dello stesso tabernacolo e si protendevano verso la cappella della Santa. Invano il sacrista, attempato e lento, con diligenza ogni settimana faceva scorrere la scopa e gli stracci sulle mattonelle di terracotta della sacrestia e su quelle in maiolica della chiesa. Invano spendeva la sua pazienza nella cura delle panche, dei consunti parati e dell'antiquato vasellame. Tutto diventava ogni giorno più vecchio e più scuro.
S. Barbara, dalle imponenti proporzioni, senza ori e senza ornamenti, che nelle forme e nel colore arrossato delle guance sembrava raffigurare una prosperosa popolana del luogo, nascondeva sotto un manto lungo e smagliante le tante crepe e screpolature. Secondo la tradizione, era stata una giovinetta non ancora ventenne, ma l'artista le aveva dato le fattezze di una quarantenne, se non quelle di una cinquantenne.
Con la corona posata sul capo, nelle mani una torre di cartapesta e una palma d'argento, si sporgeva dalla nicchia, riempiendo di sé tutta la chiesa. La chiesa, ormai, si apriva al culto soltanto la domenica e la vecchietta che con voce sonnolenta intonava il rosario, prima della messa, invitava sempre i fedeli, tutti vecchi anch'essi, a recitare un pater in onore di «Santa Barbaruzza» benedetta. Servendosi di un calice d'argento annerito e di una patena ammaccata, di fronte ad un crocifisso straziato da orrende ferite e a sei candelabri di legno scorticati e polverosi, il cappellano, carico di anni e di acciacchi, ogni domenica celebrava la messa, omettendo tutte le desinenze delle parole latine.
Non faceva mai predica, poiché per quella gente non ce n'era di bisogno. Si limitava, al termine della funzione, a rileggere in italiano il testo del vangelo, affinché i fedeli, che non capivano il latino, potessero almeno rendersi conto dei miracoli compiuti da Gesù e degli aspri rimproveri, che egli stesso rivolgeva a tutti gli scribi e farisei ipocriti del suo tempo. Bisogna dire che la chiesa godeva di una posizione invidiabile, tra tutte le chiese del territorio. Si trovava tra due strade quasi parallele e le raccordava. Una principale a sud, la via Roma, e un'altra secondaria a nord, la via S. Barbara.
Ma, in via S. Barbara, abitavano molti carrettieri e asinai. C'erano tante stalle, tanti asini, muli e cavalli. E la loro presenza, in quella strada, non apportava alcun beneficio a S. Barbara. Gli scoli delle stalle, nel corso degli anni, non avevano fatto altro che confluire sotterraneamente verso le fondamenta della chiesa e infiltrarsi sotto il pavimento. Si erano, a mano a mano, stratificati e confusi col terriccio e con l'acqua piovana.
Esalando, ora, si mimetizzavano con l'odor di muffa e col tanfo del vecchio arredamento e di tutte le pezze vecchie, creando un caratteristico lezzo, difficilmente definibile. Una puzza particolare, vagante tra le fatiscenti pareti, che era in sintonia con la presenza di tutti quei vecchi fedeli che, perciò, la preferivano ad ogni altra chiesa e la consideravano come casa propria. Però, alla fine dell'anno, arrivava il mese di dicembre e con esso la solennità di S. Barbara, accompagnata dai primi rigori invernali.
Tutti i ragazzetti, i bambini e le fanciulle della contrada vi convenivano, prendevano possesso della chiesa, spadroneggiavano, mentre i vecchi si tiravano in disparte. Si ammassavano nel suo interno, agghindato a festa, facevano ressa sulla soglia con gioia rumorosa. Al chiarore di tutte le lampade accese, delle tante candele, alla presenza della Santa circondata dai fiori, il cappellano usciva dal suo riserbo e raccontava la storia di S. Barbara. Diceva di Barbara che aveva quasi vent'anni ed era splendente di giovinezza. Ed ecco, un bel giorno, un giovane, appartenente ad una ricchissima e nobilissima famiglia pagana, manda a chiedere la sua mano.
Esulta il padre della fanciulla, per l'onorifica richiesta. Si turba la giovinetta Barbara, a tale annunzio: «Padre, io non posso acconsentire a queste nozze!» «Come? Tu rifiuti un partito così vantaggioso? Rifletti, figlia mia. Pensa a quello che fai!» E fa rinchiudere Barbara in una torre: «Hai fatto senno, figlia disubbidiente? Acconsenti a sposare, il giovane proposto da tuo padre?» «Non posso, non posso, padre mio, il mio cuore è già stata dato a un altro sposo!» «Ah! perfida, tu sei cristiana, dunque? Tu sei nemica di tuo padre? Io ti punirò!».
E subito il padre trae la spada dal fodero. Ma un macigno, miracolosamente apparso, lo ferma. Interviene, ora, il giudice. E il padre e il giudice fanno l'ultimo tentativo: «Barbara, rinnega la fede cristiana! Barbara, rinunzia a Cristo!» «Come osate propormi di rinnegare il mio Gesù? E chi sarebbe il mio conforto? Chi sarebbe la mia dolce speranza?» Perde il senno il padre, e si fa avanti con la spada sguainata. La fa roteare.
Un lampo, e il capo santo della martire è troncato! Barbara è morta! Ma, in quel momento, un fulmine celeste raggiunge il padre snaturato e lo incenerisce! Un fremito passava sotto la volta screpolata della chiesa: «Oh! gloriosa Barbara, tenera fanciulla nostra patrona! Oh! vergine Barbara, che ora gioisci nel cielo, guarda questi tuoi devoti! Scampali dai fulmini e dal furore della violenza! Salvali dai pericoli della vita!».
E, nei rigori invernali, la traballante chiesetta si riempiva di calore. Tra i canti di gioia di tutti i fanciulli e le fanciulle, e il chiasso dell'organo, una primavera ardente la faceva rinascere dalle fondamenta, la esaltava. Le donava forza e vigore per affrontare un altro anno di vita. Ma oggi S. Barbara è ancora una vecchia chiesa?